Incontro progetti e idee che convergono sul mondo dell’hospitality con modalità diverse.
Come food&wine manager osservo e rifletto su punti di forza e di debolezza che ciascuna occasione di confronto mette in luce.
Noto con frequenza sempre maggiore la tendenza imprenditoriale a focalizzarsi solo sull’estetica della location, come se fosse l’unico elemento determinante per la buona salute di un locale.
Si investe sulla parte materiale della ristorazione, puntando tutte le energie sull’ “effetto wow” che d’impatto crea al cliente.
E dopo? Cosa c’è oltre l’apparenza?
Sia chiaro: la guest experience passa anche da quei dettagli di superficie che fanno la differenza.
Perchè mangiare in un locale in cui si sta comodi sulla sedia, in cui le luci sono perfette, rende l’esperienza piacevole e invoglia a ripeterla, a ritornarci.
Ma il contenuto che fine ha fatto? Sul lungo periodo è la sostanza ciò che vale davvero.
Il mangiare bene sembra essersi trasformato in uno dei tanti dettagli e non il protagonista.
Piatti di scarsa qualità, in termini di materie prime e studio, determineranno, presto o tardi (e neanche troppo tardi) il declino di quell’attività ristorativa. Allora, la riflessione che desidero lasciare, a te e a me, è: cosa vogliamo?
Il locale glamour in cui il cibo fa la sua piccola parte, il “the place to be”, il posto dove farsi vedere e consumare cibo (anche estremamente costoso) di scarso valore, piuttosto che dare spazio e importanza a ciò che viene proposto al tavolo.
Un po’ come si faceva negli anni ’90, quando ci fu la moda del mangiare nelle discoteche, luoghi in cui si andava di certo non per vivere un’esperienza culinaria memorabile.
Di sicuro è una questione di priorità. Ma diamo per scontato che trovare un equilibrio tra cura estetica e cura qualitativa sia solo un’alchimia utopistica?
Qual è la tua opinione in merito? Cosa per te conta di più?
Scrivimi, sono curiosa di leggere il tuo punto di vista.