Tra gli impegni degli ultimi tempi sono tornata a frequentare le fiere del vino, dopo una piccola pausa di assenza dovuta prima al Covid, poi alla mancanza di tempo.
Un po’ come quando non incontriamo una persona da un po’, nel rivederla riusciamo a cogliere tutto ciò che di diverso c’è.
Ho avuto la stessa impressione con questi appuntamenti dedicati al vino: li ho trovati lontani dalla loro vocazione d’origine. Una quantità smisurata di gente in uno spazio che tutta quella gente riesce a contenerla, certo, ma a scapito della possibilità di vivere un’esperienza di qualità.
Se l’intento è partecipare ad una fiera sul vino per conoscere i produttori, ascoltarli, interagire con loro, per comprendere davvero ciò che si assaggia al calice, sicuramente la delusione è dietro l’angolo (se un angolo in mezzo a tutta quella confusione si trova, sia chiaro).
La bellezza di questi eventi sta nella possibilità di conoscere in un’unica giornata quante più realtà possibili e godersi anche la socialità che ne deriva, certamente. Ma mi chiedo: perché non cercare nuove modalità per gestire meglio l’affluenza e gli spazi? Servirebbe a garantire un’esperienza piacevole sia al visitatore, che può vivere meglio lo spirito di una fiera del vino, sia ai tanti produttori, che possono trasmettere la loro storia senza sentirsi assaltati. E sia a chi, come me, nel mondo dell’enogastronomia ci lavora e attende proprio momenti di condivisione del genere per poter arricchire la proposta enologica della propria attività.
Come potrei mai suggerire nuovi produttori ai miei clienti se non riesco a conoscerli realmente, ad ascoltarli con calma, a capire il valore della loro offerta?
Le soluzioni ad un problema prettamente organizzativo potrebbero essere tante: l’esperienza che ho maturato e, giorno per giorno, sviluppo, a contatto con tante realtà ristorative, mi dà modo di sperimentare diverse chiavi. Penso, per citare una delle possibili idee, ad un ticket che suddivida anche in fasce orarie da poter scegliere e poi rispettare, così da godersi a pieno l’esperienza di incontro e scambio vero.
Includere la figura di un consulente esperto nelle fasi organizzative di eventi così complessi potrebbe risultare essenziale per la progettazione di nuovi metodi, così da proporre una fruizione migliore per l’ospite e facilmente attuabile per l’organizzatore.
Voi che ne pensate? Avete vissuto una percezione simile alla mia?
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